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Anfibi Batraci.

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Raganella verde

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La scuola consegue tanto meglio il proprio scopo quanto più pone l'individuo in condizione di fare a meno di essa.
(Ernesto Codignola)

 
 

Anfibi batraci

Introduzione Rane Arboree Raganella Arborea (Hyla arborea) Raganella Elegante (Hyla elegans) Raganella Palmata (Hyla palmata) Sapo dei Brasiliani (Hyla luteola) Raganella Venulosa (Hyla phrynohjas venulosa) Rugunella Mursupiale (Gastrotheca marsupiata)

Fillomedusa (Phillomedusa bicolor) Rana delle Steppe (Acris grillus) Driofite Cangiante (Dryophytes versicolor) Rane Rana Esculenta o Ranocchia Verde o Rana Coune (Rana esculenta) Rana Temporaria o Ranocchia Rossa (Rana temporaria)

Rana Muggente (Rana mugiens) Cistignato Ocelato (Cystignathus ocellatus) Cistignato Adorno (Cystignathus ornatus) Aliti Alite Ostetrico (Alybs obsbtricans) Itannia (Ceratophys cornuta) Ceratrofide di Boje (Ceratophrys bojei) Matlamatlo (Pyxicephalus adspersus) Pelobate Fosco (Pelobates fuscus) Ululone Focato (Bombinator igneus) Rospi

Rospo Comune (Phyrne vulgaris) Rospo Palustre o Rospo Calamita (Bufo calamita) Rospo Smeraldino o Rospo Variabile Agua (Bufo agua) Rospo Nasuto (Rinophryne dorsalis) Aglossi Pipa (Asterodactylus pipa)

Anfibi batraci 0 Anfibi batraci 1 Anfibi batraci 2  Anfibi batraci 3

Animali Insetti Passeracei

Mammiferi Artiodattili Carnivori Cetacei Folidoti Insettivori Iracoidei Lemuri Marsupiali Monotremi Perissodattili Pinnipedi Proboscidati Rosicanti Scimmie Sdentati Sirenidi Tubulidentati Volitanti

Uccelli Brevipenni Cantatori Coracirostri Fissirostri Giratori Gralle Lamellirostri Levirostri Longipenni Pappagalli Passeracei Razzolatori Ronzatori Steganopodi Urinatori Rampicanti Rapaci

Invertebrati Aracnidi Brachiopodi Briozoi Celenterati Conchiferi Crostacei Echinodermi Gasteropodi Insetti Miriapodi Molluschi Protozoi Rotiferi Tunicati Vermi

Linea flashing backefro

Linea flashing backefro

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Introduzione

Rane arboree

Raganella arborea (Hyla arborea)

Raganella elegante (Hyla elegans)

Raganella palmata (Hyla palmata)

Sapo dei brasiliani (Hyla luteola)

Raganella venulosa (Hyla phrynohjas venulosa)

Rugunella mursupiale (Gastrotheca marsupiata)

Fillomedusa (Phillomedusa bicolor)

Rana delle steppe (Acris grillus)

Driofite cangiante (Dryophytes versicolor)

Rane Anfibi: evoluzione dal girino alla rana Raganella verde Raganella africana del genere Hyperolius Esemplare di raganella Girino di rana-toro americana Rana comune Modello tridimensionale di rana comune

Rana esculenta o ranocchia verde o rana comune (Rana esculenta)

Rana temporaria o ranocchia rossa (Rana temporaria)

Rana muggente (Rana mugiens)

Linea flashing backefro

Linea flashing backefro

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Cistignato ocellato (Cystignathus ocellatus)

Cistignato adorno (Cystignathus ornatus)

Aliti

Alite ostetrico (Alybs obsbtricans)

Itannia (Ceratophys cornuta)

Ceratrofide di boje (Ceratophrys bojei)

Matlamatlo (Pyxicephalus adspersus)

Pelobate fosco (Pelobates fuscus)

Ululone focato (Bombinator igneus) Ululone focato Ululone dal ventre giallo

Rospi Un rospo

Rospo comune (Phyrne vulgaris)

Rospo palustre o rospo calamita (Bufo calamita)

Rospo smeraldino o rospo variabile

Agua (Bufo agua)

Rospo nasuto (Rinophryne dorsalis)

Aglossi

Pipa (Asterodactylus pipa)

Linea flashing backefro

Linea flashing backefro

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VITA DEGLI ANIMALI - ANFIBI - BATRACI

INTRODUZIONE

Chi ha esaminato, anche una sola volta, una rana, può dire di conoscere tutti i Batraci, visto che le differenze fra animale e animale sono minime. I caratteri esterni sono: corpo tozzo, quasi quadrato, testa larga, schiacciata, con il muso tondeggiante e la bocca ampiamente dilatata, collo appena accennato, estremità ben sviluppate, pelle nuda e viscida. Gli occhi sono grossi, molto mobili (ossia possono essere ritratti nelle orbite) e di espressione vivace, la narice può essere chiusa da una valvola particolare e l'apparato uditivo è bene sviluppato. La forma delle zampe e dei piedi e le proporzioni di lunghezza fra le zampe anteriori e le posteriori variano da famiglia a famiglia e anche la pelle si differenzia per levigatezza e spessore. La forma dello scheletro è semplicissima: il capo è assai schiacciato, l'arco palatino e lo zigomatico sono ampi e le enormi cavità orbitali sono quasi su un piano orizzontale; una sola vertebra cervicale, l'atlante, può essere riconosciuta e la colonna vertebrale consta ordinariamente di sei o sette vertebre che non si possono distinguere, dato che non esiste differenza fra la regione toracica e la ventrale. L'osso sacro è un lungo osso a foggia di mazza, al quale si appoggiano d'ambo i lati le ossa del bacino. La parte dello scheletro che costituisce le estremità anteriori si collega alla colonna vertebrale per mezzo di parti molli e di un cingolo più o meno cartilaginoso che finisce inferiormente in uno sterno diviso in parecchi pezzi. Non vi sono costole vere e proprie, perché non si possono considerare tali i processi trasversali delle vertebre. Generalmente nella mascella inferiore notiamo denti piccoli e uncinati; la lingua è attaccata, per lo più, con la sola parte anteriore all'angolo della mascella inferiore e, rimanendo libera col margine posteriore, si può protendere tutta fuori della bocca.

L'esofago è breve, lo stomaco largo e membranoso, l'intestino poco circonvoluto. Esiste un serbatoio dell'acqua, erroneamente considerato come vescica urinaria, contenente un liquido paragonabile in purezza all'acqua schietta, insaporo, che serve, probabilmente, in tempo di grande siccità, a somministrare all'anfibio l'umidità necessaria per sopravvivere. Quasi tutti hanno polmoni a forma di sacco e un organo vocale molto ben conformato, spesso arricchito da piccole vesciche e cavità che permettono all'animale di emettere suoni forti e sonori. In proporzione alla piccola mole del corpo il cervello è assai grande. I Batraci sono, meno degli altri, vincolati ad una località determinata e la struttura del corpo permette loro di muoversi liberamente. Alcune specie abitano nell'acqua, mentre altre si muovono in una cerchia piuttosto limitata, purché trovino l'indispensabile umido. Mangiano con eguale appetito vertebrati, vermi, chioccioline, uova di pesce, pesciolini e perfino uccelli, a seconda della loro mole. Come veri rapaci mangiano solo la preda da loro uccisa. L'operazione della riproduzione merita attenzione più di ogni altro atto della loro vita e l'istinto di «previdenza» dei genitori si manifesta principalmente in questo ordine. In tutti i Batraci il maschio prende una parte inconsueta alla riproduzione: infatti non solo è il fecondatore delle uova, ma dà un aiuto al momento della nascita e anche dopo. Il numero di uova della femmina è sterminato: durante la deposizione il maschio sale sul dorso della femmina e, afferrandosi con le zampe anteriori all'altezza delle spalle di questa, ne preme il corpo in maniera tale che gli ovidutti si vuotino. Al passaggio, le uova sono ravvolte nella materia fecondante del maschio. Non in tutte le specie la collaborazione del maschio finisce qui; alcune femmine di Batraci hanno sulla schiena una specie di tasca di pelle che serve ad accogliere le uova fecondate e a proteggerle per qualche tempo: a volte è il maschio che pensa a custodirvele. I girini crescono nell'acqua. I Batraci sono creature vivaci ed allegre; pur essendo animali notturni, anche di giorno spiegano una certa attività. Superano in mobilità tutti gli affini, zampettano e saltano meglio di tutti, si tuffano e nuotano con abilità, vedono, odono e odorano perfettamente e forse posseggono anche la possibilità di gustare. Mentre nelle classi affini è difficile riconoscere una traccia di facoltà intellettuali, i Batraci possiedono l'istinto del luogo e la memoria delle esperienze fatte, la prudenza e anche un po' di astuzia, se si tratta d'insidiare una preda. Essi ci fanno l'effetto di animali allegroni che si abbandonano con piacere alle sensazioni più gradite e tentano, col loro sonoro gracidìo, di comunicare al mondo intero il benessere di cui godono. Oltre che per questa innocente allegria, propria di tutte le specie dell'ordine, il disprezzato rospo e la calunniata rana gigantesca si raccomandano alla nostra benevolenza per la loro operosità, di cui non apprezziamo ancora tutta l'importanza.

Anfibi: evoluzione dal girino alla rana

RANE ARBOREE

Fra tutti gli anfibi si collocano in prima fila le Rane Arboree o Raganelle o Ile, che sono le più vispe e le più graziose e si sono guadagnate la stima dell'uomo tanto che in alcuni Paesi sono tenute familiarmente nelle stanze della casa. In Europa questa famiglia è rappresentata soltanto dalla Raganella, mentre nella sola America meridionale albergano metà delle Rane Arboree conosciute: in Brasile esse si trovano in quantità sterminata, soprattutto nelle foreste vergini dove è possibile trovare,rane diverse per forma, per mole, per colore e per voce. Per la maggior parte abitano la cima degli alberi eccelsi, dove dimorano fra le dure foglie delle, bromelie. Al tempo degli amori scendono dalle loro aeree dimore e si gettano nelle paludi, nei pantani e negli stagni nascosti tra la folta vegetazione della foresta. Anche le regioni basse dell'Africa e dell'Asia albergano molte specie. Subito dopo l'accoppiamento esse lasciano l'acqua nella quale hanno deposto le uova e si recano sulle cime degli alberi per scegliersi le foglie più adatte per la loro dimora; il loro colore somiglia a quello delle foglie che abitano, visto che possono alterare il proprio colore come i camaleonti. Si vedono infatti rane con riflessi verdi - come le foglie - o marroni - come le cortecce dei tronchi. Se tutte le Rane Arbree fossero state studiate con tanta cura come la raganella, sarebbe possibile dare di esse una minutissima descrizione che risulterebbe molto interessante; per quanto simile sia il loro modo di vivere, tuttavia ognuna presenta la sua particolarità o rispetto alla voce, o rispetto a come si alimentano, o rispetto alla riproduzione. La semplice descrizione esterna di questi animali è già gradevole e ci permette di riconoscere e di ammirare l'infinita varietà che si riscontra in natura, ma solo l'esposizione della vita e dei costumi completerebbe totalmente la descrizione. Le Rane Arboree o Ile, sono rane di elegante struttura e di colori che facilmente si mimetizzano con le più diverse qualità di foglie; all'estremità hanno un'espansione a forma di disco che permette loro di aggrapparsi alle superfici piane. Questa espansione non secerne alcun umore particolare: essa opera come ventosa, sottraendo l'aria dalla superficie dove si posa. Tutte le specie della famiglia presentano delle piccolissime verruche che terminano con un forellino e servono, probabilmente, per raccogliere le stille di rugiada fra le foglie. Le zampe posteriori sono notevolmente più lunghe di quelle anteriori La mascella superiore e il palato sono muniti di denti, mentre la mascella inferiore ne è sprovvista.

Raganella verde

Raganella verde

Raganella africana del genere Hyperolius

Raganella africana del genere Hyperolius

RAGANELLA ARBOREA (Hyla arborea)

La Raganella giunge ad una lunghezza di 4 centimetri. Superiormente è di color verde foglia e inferiormente bianco-grigio; una striscia nera, marginata di giallo, che comincia dal naso e corre fino alla coscia, divide i due colori. Il maschio si distingue dalla femmina per la membrana giugulare nericcia che può gonfiare come una grossa palla. Poco prima e poco dopo la muta della pelle (che ha luogo ogni quattordici giorni), il colore si trasforma in azzurro-grigio e verde chiaro, ma non tarda a ritornare al verde foglia. Ad eccezione del nord Europa e della Gran Bretagna, questa Raganella si può trovare ovunque, su tutte le pianure; durante il tempo degli amori, si rifugia nell'acqua, ma non tarda a risalire fra le foglie degli alberi e dei cespugli dove passa, inosservata, la sua vita. E' uno dei più graziosi anfibi che si conoscano, abilissima nel nuotare, nel saltellare e nell' arrampicarsi. Chi ha avuto modo di osservare la Raganella messa in un recipiente di vetro, avrà potuto notare che, quando balza sulle pareti verticali, anche le più lisce, essa vi si attacca saldamente: all'uopo, l'animale non emette alcun umore vischioso ma, nella parte inferiore delle sue zampe, notiamo una superficie chiara come una vescica (la ventosa), oltre la quale sporge il margine della dilatazione del piede. Se l'animale preme questo margine, la ventosa aderisce saldamente all'oggetto; in caso di necessità, l'animale si aiuta anche con la membrana giugulare, che preme contro la superficie per mantenere una certa posizione. La prova della campana pneumatica conferma che è la sola azione delle ventose che permette alla Raganella di sostenersi sulle pareti lisce: infatti, se l'animale viene posto in vuoto, esso non può più sostenersi.

Una raganella, che esce dall'acqua, scivola su di una superficie levigata, ma solo perché l'acqua che rimane sui polpastrelli delle dita impedisce di fare il vuoto fra questi e la superficie su cui si deve aggrappare. Sulla cima degli alberi essa vive, durante l'estate, assai comodamente; quando il tempo è bello se ne sta sulla faccia superiore della foglia, quando piove si ricovera sotto, a meno che la pioggia non sia tanto tenace da indurla a cercare ricovero nell'acqua. Pur essendo di intelligenza assai modesta, la Raganella sa quale grande vantaggio le arrechi il colore del suo abito che la mimetizza in modo completo all'avvicinarsi di un nemico, conscia che un salto la tradirebbe, preferisce starsene immobile, con gli occhi sfavillanti, finché non sia passato il pericolo. Solo in caso di estrema necessità si decide a saltare e il salto è così improvviso che generalmente serve a salvarla. Il cibo della Raganella consiste di insetti e, soprattutto, di mosche, coleotteri, farfalle e bruchi senza peli. Tutte le sue vittime debbono essere vive e debbono muoversi: la Raganella non tocca infatti animali morti o comunque immobili. Lo sguardo acuto e l'udito mettono sull'avviso l'animale dell'avvicinarsi della vittima: esso l'osserva e con un balzo la raggiunge. Durante l'estate ha bisogno di molto cibo e rimane perciò l'intero giorno in agguato, per quanto solo nottetempo essa sia completamente attiva. E' credenza popolare che la Raganella sia una precisissima meteorologa e che col suo gracidare segnali i mutamenti del tempo. Questo non è del tutto vero: l'animale fa risuonare la sua stridula voce con maggiore intensità al tempo degli amori, ma gracida senza interruzione durante tutta l'estate, specialmente nottetempo, per quanto calma e asciutta sia la temperatura. All'avvicinarsi di un temporale il suo gra gra gra si fa più forte, mentre cessa quasi completamente durante la pioggia e il tempo umido. Verso l'autunno, abbandonando la cima degli alberi, scende a terra e saltella fino al corso d'acqua più vicino e si affonda nella melma, ad imitazione delle sue affini. E' la prima ad uscire dal suo rifugio invernale, spinta dall'impulso della riproduzione. I maschi sono i più solleciti ad uscire (ciò si verifica generalmente alla fine d'aprile), dopo circa otto giorni riappare anche la femmina e l'accoppiamento ha subito luogo. Il maschio abbranca la sposa sotto le ascelle e in questa posizione nuota per due o tre giorni finché non escano le uova e non si compia la fecondazione. L'emissione delle uova dura, in genere, circa due ore; talvolta però si protrae anche per un tempo notevolmente lungo (persino 48 ore): in questi casi il maschio, spazientito, abbandona la femmina e lascia le uova non fecondate. Dopo dieci ore è già possibile vedere la sostanza glutinosa che le avvolge gonfiarsi d'acqua e galleggiare alla superficie; le uova, che hanno la grossezza di un grano di miglio, rimangono agglutinate in mucchi irregolari finché non sia uscito il girino. Esse non hanno bisogno di molto tempo per svilupparsi e dopo una settimana già si può vedere l'embrione che si agita nella viscida materia albuminosa e a mano a mano appaiono le branchie, gli occhi e infine le zampe. Poco dopo più di un mese la metamorfosi è compiuta e il ranocchio è pronto ad iniziare la sua vita fuori dell'acqua; il pieno sviluppo, però, verrà raggiunto solo nel quarto anno di vita: prima esso non gracida, né si accoppia. La Raganella è poco esigente e si può tenerla anche per anni in un semplice recipiente, di vetro, porgendole il cibo necessario. Bisogna che d'estate sia ben nutrita perché possa superare in buona salute la stagione avversa. Una lunga schiavitù le insegna a riconoscere non solo chi si prende cura di essa ma anche il recipiente in cui le vengono porti i suoi pasti d'insetti: un mio amico ammaestrò la sua raganella a prendere il cibo direttamente dalle sue mani e a riconoscere l'ora del pasto. Essa, infatti, si accomodava in una data posizione per poter più agevolmente gustare la sua larva; se le si presentava il dito, lo mordeva. Quando il suo recipiente era aperto, usciva e saltellava per la stanza da una sedia all'altra finché non le si dava un insetto: solo allora rientrava nella sua abitazione, provando in questa maniera di avere discernimento e memoria.

Esemplare di raganella

Esemplare di raganella

RAGANELLA ELEGANTE (Hyla elegans)

Una delle più graziose raganelle d'America è la Raganella Elegante che giunge appena alla mole della nostra (è lunga 32 millimetri) e si distingue per la sveltezza delle forme e per il capo anteriormente ottuso. Il colore, nella parte superiore, è rosso-bruno con una curiosa marginatura bianco argento che, sul muso e sull'estremità posteriore del corpo, termina ad angolo acuto formando una macchia triangolare. Le zampe, nella parte esterna, sono rigate verticalmente per tutta la loro lunghezza. E' diffusa nelle Guiane e nel Brasile, dove alberga nelle foreste, sulle cime degli alberi. Delle sue abitudini e del suo modo di vivere niente si sa di preciso, ed io l'ho menzionata soltanto per il curioso colore della sua pelle.

RAGANELLA PALMATA (Hyla palmata)

Come ho già detto, nelle foreste delle Guiane e del Brasile s'incontra la maggior parte delle specie di questa famiglia. Qui vive anche la Raganella Palmata, così chiamata per i larghi polpastrelli delle sue dita; in Brasile è nota col nome di Fabbro e nelle Guiane con quello di Rematore. Ha forma tozza, capo più largo del corpo e membra robustissime; superiormente è di color giallo pallido ed è caratterizzata da una linea nera e da alcuni tratti irregolari che corrono lungo il dorso, inferiormente è giallo-pallida. Altri individui, probabilmente di sesso diverso, sono macchiati di bruno su fondo uniforme. E' lunga 84 millimetri; le zampe posteriori sono lunghe 60 millimetri. La Raganella Palmata vive sugli alberi dal fitto fogliame, soprattutto su quelli che bordano le sponde di fiumi o di stagni. Durante la stagione piovosa riempie gli specchi d'acqua in fitte schiere facendo echeggiare, dalla sera alla mattina, le selve della sua voce inconfondibile, chiara e metallica, che sembra il rumore di un'officina di lattonieri. Altri paragonano la voce di questo animale allo stridìo prodotto dal remo contro l'orlo della barca; anche il ritmo del suono, che si ripete ad intervalli regolari, contribuisce ad ingannare l'orecchio. In caso di pericolo questa raganella è prontissima a ritornare nell'acqua.

SAPO DEI BRASILIANI (Hyla luteola)

Un'altra specie della famiglia delle raganelle, comune anche questa in Brasile, il Sapo. L'animale è piccolissimo (misura infatti solo 26 millimetri di lunghezza). E' di color rossiccio - tanto inferiormente che superiormente - e presenta una linea scura che corre dall'occhio alla spalla. Il capo è di color bruno. Le rigide foglie delle bromelie, così comuni su tutte le spiagge arenose del Brasile, sono il soggiorno prediletto di questo ranocchio, perché particolarmente adatte a raccogliere umidità. La rana depone le sue uova nelle pieghe di queste foglie, dove, anche durante il periodo di maggiore siccità, si può trovare acqua in abbondanza, tanto da potersene dissetare. Se si scrollano questi alberi, insieme all'acqua cadono a terra i granchiolini, ma non i sapi che, saldamente abbrancati alla loro foglia, non si lasciano snidare che dopo un attento esame di tutte le foglie, una per una. La sua voce, considerata la mole del corpo, è acuta e fortissima. Il suono è rauco e breve e somiglia ad un krah krah ripetuto rapidamente.

RAGANELLA VENULOSA (Hyla phrynohjas venulosa)

Racconta Schönburgk: «Spesso il mio sonno era stato interrotto da un suono simile al muggito di una vacca, che si ripeteva ad intervalli brevi e regolari. Avevo fatto le congetture più strane riguardo alla provenienza di quel suono che era perfettamente nuovo per me e aspettavo con impazienza il ritorno degli indigeni per avere schiarimenti. Quando essi mi dissero che il rumoroso animale era un ranocchio, pensai che si volessero burlare di me, ma i caraibi insistevano e spergiuravano che il suono proveniva dal Konobo-Aru che abita una certa specie di alberi, il cui tronco è cavo e pieno di acqua. Essi mi vollero convincere con l'evidenza dei fatti: ci addentrammo un po' nel bosco e ci fermammo davanti ad un albero dalle larghe foglie, della famiglia della bodelschwincia, il cui fusto, cavo, è pieno d'acqua. Subito si cominciò ad abbattere la pianta. Nell'acqua del tronco trovammo soltanto una quantità di girini ma non la traccia del disturbatore della nostra quiete. Le nostre investigazioni rimasero perciò infruttuose e mi dovetti rassegnare ad aspettare la notte seguente per proseguire la caccia. Debbo confessare che raramente mi è capitato di attendere la sera con tale ansietà; verso le nove, la voce ruppe di nuovo il silenzio. Munito di un lume e seguito da alcuni indigeni, corsi in direzione della voce che proveniva dall'albero caduto; lo splendore della luce abbagliò l'animale che si lasciò prendere tranquillamente. Era una grossa raganella venulosa dall'elegantissimo disegno. Il suo corpo era ricoperto da un umore maleodorante che sembrava fosse secreto principalmente dai polpastrelli dilatati delle estremità; anche dalla regione auricolare uscì una materia bianchiccia che mi causò una sensazione di bruciore. Il mattino seguente la pelle che era stata toccata da quell'umore era diventata nera e, dopo alcuni giorni, si staccò e cadde del tutto». La bella Raganella Venulosa di cui parla Schönburgk è un animale ornato di disegni finissimi e vari, la cui parte superiore richiama alla memoria una carta geografica, tanto numerose e intricate sono le linee, le fasce, le strisce di color giallo o rosso o bruno che s'intrecciano. Il fondo su cui si disegnano è più chiaro. Si trovano anche individui nei quali le strisce scure formano regolari fasce longitudinali. Le zampe sono rigate trasversalmente; la parte inferiore è bianco-gialla. Quest'animale supera in mole la nostra raganella.

RUGUNELLA MURSUPIALE (Gastrotheca marsupiata)

Quanto diverso possa essere il modo di riproduzione delle varie raganelle è provato dalla Raganella Marsupiale. Essa, non si allontana nella sua conformazione dalle altre raganelle fin qui descritte: unico, importante particolare è la borsa che la femmina porta sul dorso e che ricorda, sotto ogni aspetto, la borsa dei marsupiali. Essa si apre sul dietro ed è profonda circa 13 millimetri: serve a custodire le uova durante il primo periodo di sviluppo. Verosimilmente, durante l'accoppiamento, il maschio spinge con le zampe posteriori le uova da esso fecondate nella borsa della femmina che è suscettibile di dilatazione per tutto il dorso tanto da conferire all'animale un aspetto informe. Non essendo stata studiata a fondo, non si sa se il piccolo compia nella borsa le sue trasformazioni o se la madre si rechi nell'acqua per liberarsi delle uova. La Raganella Marsupiale appartiene alla specie più variopinta della famiglia: superiormente è turchino-verde, più scura sulla testa e sulla linea centrale del dorso. Il disegno consiste in linee longitudinali gialle che ora si avvicinano ora si allontanano in modo da formare figure regolari. Le zampe sono ornate di anelli, fasce, punti e macchie. Il colore sembra soggetto a numerose modificazioni.

FILLOMEDUSA (Phillomedusa bicolor)

Se si volessero esporre minutamente tutte le differenze di forma derivanti dalla diversa palmatura delle dita, bisognerebbe descrivere un numero piuttosto grande di raganelle del cui modo di vivere poco si conosce. Fra queste, le Eucmenidi, che vivono in Africa meridionale e orientale e hanno quattro dita alle zampe anteriori, riunite da una breve palmatura, e cinque nelle posteriori, totalmente palmate; le Racofore, che vivono in Asia, con piedi palmati e corpo di grossa mole; le Ilode dell'America con dita perfettamente libere; le fillomeduse con dita reversibili e sviluppatissime. E' chiaro che il modo di vivere di questi animali è sempre in rapporto con la diversa conformazione delle dita, ma, non avendo grandi ragguagli in merito, debbo limitarmi ad enumerare semplicemente le specie.

RANA DELLE STEPPE (Acris grillus)

La Rana delle Steppe rappresenta il genere delle rane-locuste; le dita delle zampe anteriori hanno polpastrelli piccolissimi e sono completamente libere, mentre quelle dei piedi posteriori sono collegate da una piccola membrana. Ha in comune con la raganella la borsa alla gola. E' di color bruno rossiccio o bruno con grandi macchie longitudinali irregolari più scure che appaiono soprattutto sui fianchi. La mole di questo animale è quella della nostra raganella. E' diffuso in tutta l'America settentrionale: abita, preferibilmente, le sponde delle acque stagnanti o le grandi foglie delle ninfee. Si muove saltellando con grande destrezza; di notte fa udire instancabilmente il suo stridulo gracidìo che somiglia alla voce delle cavallette. In cattività dimostra la stessa vivacità che nella vita allo stato libero. Non conosco particolari sull'opera di riproduzione.

DRIOFITE CANGIANTE (Dryophytes versicolor)

La Driofite si distingue dalle affini per la forma compressa, per la grossezza e brevità delle estremità, per la presenza di bitorzoli ghiandolosi nella parte superiore e, soprattutto, per la sua somiglianza con il rospo. Essa, infatti, viene chiamata, nell'America settentrionale, Rospo Arboricolo. E' difficile descrivere il colore di questo animale, che varia assai di più di quello delle nostre raganelle: la sua pelle riflette il colore delle cose circostanti, cosicché a volte è simile a quello di una scorza d'albero, a volte a quello di un sasso coperto di muschio; come per la raganella, questa proprietà gli è assai utile a scopo di difesa. Sui fianchi si notano macchie di un giallo splendente e la parte inferiore è, al solito, giallo-bianca. La sua lunghezza è poco più di cinque centimetri. La Driofite è diffusa in tutta l'America settentrionale, dal Canadà al Texas: abita generalmente i tronchi degli alberi e i grossi rami. Nell'inverno si sotterra nei fondi melmosi, ma riappare, all'inizio del la primavera, per l'opera di riproduzione; dopo l'accoppiamento i maschi salgono sugli alberi, seguitando a ripetere il loro singolare richiamo che somiglia al suono della lettera L ripetutamente pronunziata.

RANE

Nelle Rane propriamente dette le estremità delle dita non si espandono in ventose; il corpo è relativamente snello, la testa breve e piatta, con una larga bocca; i piedi anteriori sono corti, relativamente ai posteriori, le cui dita sono ampiamente palmate. La pelle si presenta liscia inferiormente, mentre nella parte superiore notiamo alcune ghiandole. Tutte le specie hanno denti nella mandibola superiore e nel palato. Meno numerose delle raganelle, le specie di questa famiglia abitano tutte le acque delle regioni temperate e calde e si possono incontrare in tutte le parti del mondo. Alcuni animali vivono nell'acqua solo al tempo degli amori, come la raganella, e trascorrono il resto del tempo nei prati e nei boschi, dove si aggirano senza meta, riposando non appena sono sorprese dal giorno per riprendere il cammino col calar della sera. Il coro delle Rane stupisce l'orecchio dello straniero che, provenendo da un altro continente, non riconosce i suoni antichi e ben noti della patria. Salvo minime differenze, il modo di vivere delle Rane è simile in tutte le parti del mondo di primavera e d'estate conducono un'esistenza allegra e spensierata fra molti canti e molto rumore, d'autunno la vita è molto meno gradevole e d'inverno un pigro torpore le seppellisce fra le melme gelate fino al giorno in cui aleggia di nuovo il soffio della primavera o la pioggia raggiunge lo strato fangoso screpolato dal calore. Come da noi la primavera adorna la terra di nuove bellezze, così nei Paesi equatoriali le prime piogge fanno rifiorire la vita: quando nell'interno dell'Africa l'ardore divorante della stagione secca ha steso l'inverno sul Paese, disseccando l'erba, spogliando le piante, facendo emigrare gli uccelli e spingendo al letargo mammiferi, rettili e anfibi, l'uomo costretto a rimanere potrebbe disperare della sua vita, tanto è grave il peso di quella stagione. Ma, alfine, oscure nuvole si addensano nel cielo e, spinte da venti furiosi, portano alla terra la benefica pioggia e con essa la primavera. Per lunghe ore l'acqua scroscia sulle alture, come se le nubi si squarciassero, nei bassopiani si formano ruscelli, stagni e laghetti e, prima ancora che il cielo sia del tutto rasserenato, la primavera ha già fatto tornare la vita e ha risvegliato la nostra Rana. Gonk, gonk, gonk si ode risuonare in ogni torrente, stagno o pantano che sia: sulla superficie dell'acqua si posano migliaia di rane che sembrano salutare con trasporto il loro tempo felice e che subito si affrettano a propagarsi. Nei Paesi dove, più o meno, regna sempre la medesima temperatura, l'allegro popolo attende senza tregua alle proprie occupazioni: nell'umida America meridionale e nelle pianure indiane si può udire ogni sera, per tutto l'anno, il concerto delle Rane. Se le Rane ci sono a volte poco simpatiche, ciò è solo per il prolungarsi dei loro esercizi musicali; esse, a volte, ci disturbano con i suoni acuti che, talora, emettono per intere ore. Mentre le specie nostrane sono considerate, a buon diritto, animali utili che cagionano solo danni di poco conto alle colture, le gigantesche specie americane e indiane sono spesso assai dannose perché danno la caccia anche ai piccoli animali domestici. L'opera di riproduzione è simile a quella delle raganelle, con la sola differenza che la Rana esige una maggiore quantità d'acqua per deporre le uova: questa è la ragione dell'ineguale diffusione delle due specie. Fra le Rane, sono quelle che dedicano ai figli una particolare attenzione, si accomodano le uova sul dorso e le portano dietro per intere settimane; in genere, però, le abbandonano nell'acqua senza darsene più alcun pensiero. Quanto allo sviluppo dei piccoli che si compie nel modo consueto, basti dire che le metamorfosi sono molto più lente nei Paesi freddi. Mentre prima le Rane servivano ai dotti per diversi esperimenti, ora si tengono in apposite gabbie che offrono loro tutte le possibili comodità: basta un buon trattamento per avvezzarle completamente ed ottenere che esse diventino animali docili e mansueti come le raganelle.

Girino di rana-toro americana

Girino di rana-toro americana

Rana comune

Rana comune

Modello tridimensionale di rana comune

RANA ESCULENTA o RANOCCHIA VERDE o RANA COMUNE (Rana esculenta)

Oken dice che, quando si sta vicino a uno stagno abitato da rane, sembra di essere in un manicomio: a me sembra che la loro voce sia parte inscindibile del paesaggio delle notti estive, né più né meno del canto dell'usignuolo. In questi semplici suoni troviamo l'espressione di una vera gioia e di una dolce armonia, per quanto sgraziati possano essere i suoni isolati. Brekeke! intona il maestro del coro e tutti i coristi ascoltano silenziosi per rispondergli subito dopo con lo stesso accordo o con un accordo più basso. Non posso negare che alle persone deboli di nervi, che abitano nelle vicinanze di uno stagno popolato da questi cantori, alla lunga, il coro possa risultare noioso per il risuonare continuo della medesima musica, ma non mi sento di associarmi al loro malcontento, perché io sono fra coloro che si rallegrano nel sentire questo canto; penso che chiunque abbia passato la sua giovinezza in campagna sia pronto a darmi ragione. Osserviamo più da vicino la cantatrice: appartiene al genere delle rane acquaiole; il corpo misura 7 centimetri e le zampe posteriori sono lunghe ben 10 centimetri. La parte posteriore è verde con macchie nere e tre strisce gialle che corrono in senso longitudinale, la parte inferiore è bianca o gialliccia. A seconda del periodo, i colori sono più o meno freschi e brillanti; anche le strisce gialle sono più o meno distinte e le macchie nere, più o meno segnate, variano il disegno da individuo a individuo. I grandi occhi hanno un anello dorato e guardano allegramente intorno. Questa rana si trova, oltre che in Europa, anche in America limitatamente alla parte nord-occidentale, e in Asia centrale. In Africa e in Asia meridionale è rappresentata da specie affini. Il Circolo Polare Artico segna il limite del suo impero. Ove esiste, è assai comune, come se amasse la vita sociale: in realtà, ciò accade solo per la sua enorme prolificità e nello stagno in cui una coppia solitaria ha preso alloggio formicolano ben presto un centinaio di animali, figli della prima coppia. Sebbene sia, in complesso, di facile contentatura, la Rana esige, tuttavia, che l'acqua destinata a divenire sua dimora sia circondata da alte erbe e da giunchi e che vi crescano nel mezzo piante acquatiche con foglie galleggianti. Le acque, poi, debbono essere dolci o solo debolmente salate: essa evita con cura il mare e i veri laghi salati. S'intende bene che i soggiorni che preferisce sono costituiti dai piccoli stagni fioriti di ninfee, dai fossi pieni di acqua durante tutto il periodo dell'anno. Dopo di questi, in ordine di gradimento, vengono i pantani, le pozzanghere, le paludi e, nel sud, perfino le risaie, che, coperte d'acqua per molti mesi all'anno, brulicano delle prede da essa predilette. Grande amica del caldo, la Rana cerca di approfittare di ogni raggio di sole e perciò viene regolarmente alla superficie, sporgendo il capo fuori dell'acqua e mantenendosi sempre nello stesso posto, oppure - e questo le piace ancora di più - adagiandosi su qualche larga foglia di pianta palustre o su qualche masso della sponda e abbandonandosi con delizia alla gioia del caldo. Non disturbata, rimane in quell'atteggiamento per intere giornate senza muoversi; se viene stuzzicata o allettata da qualche preda, si slancia nell'acqua con un potente balzo, lungo anche due metri, e nuota con forza, tuffandosi a volte nella melma per nascondervisi. Non rimane a lungo fra le onde, riemerge, osserva con i suoi occhi vivissimi e riprende la posizione di prima. Quando la notte si avvicina o il tempo si rinfresca per la pioggia, tutta la società che abita lo stagno si raduna a qualche distanza dalla sponda, fra le piante acquatiche, e dà inizio a uno dei soliti concerti. La Rana Esculenta è una creatura assai dotata: i suoi movimenti attestano forza e destrezza e il suo contegno dimostra una certa dose d'intelligenza. Come la maggior parte delle sue affini, si muove saltellando per terra, ma è in grado di spiccare salti formidabili e di regolarne la lunghezza con sorprendente precisione.

Nell'acqua nuota rapidamente servendosi dei piedi palmati e riesce anche a saltarne fuori fino ad una certa altezza per raggiungere qualche insetto che, ronzando, le passi sul capo. I suoi sensi sono i più sviluppati di tutta la specie: la vista è acuta, come fa supporre il suo occhio ben costruito, l'orecchio è molto musicale (lo dimostrano i concerti serali) e non si può, perciò, mettere in dubbio la sua squisitezza; l'olfatto non è difettoso. Il dubbio può cadere solo sul gusto e sul tatto, visto che è difficile farsi un'idea esatta sulla loro percettività. Chi osserva la Rana anche per poco tempo, può rendersi conto delle sue facoltà intellettuali: essa sa bene accomodarsi a diverse circostanze e, se non la molesta nessuno, è così fiduciosa da lasciarsi avvicinare fino a pochi centimetri di distanza prima di spiccare il salto che la mette al sicuro. Le rane più vecchie sono le più prudenti e, ad imitazione di quanto succede fra gli uccelli e i mammiferi, ammoniscono le giovani. Negli stagni frequentati dalle cicogne, alla vista dell'uccello, fuggono così rapidamente come alla vista dell'uomo. Spesso, nell'abboccare una preda, dimostrano una certa scaltrezza: esse stanno in agguato, nuotano con cautela sott'acqua e le piombano addosso con la tecnica degna di un rapace. Due naturalisti ebbero modo di assistere ad una scena che dimostra una vera capacità di ragionamento. Una grossa rana esculenta aveva abboccato per la parte posteriore una piccola temporaria, senza però riuscire ad inghiottirla, perché la vittima gonfiava il collo e faceva sempre capolino fra le fauci della predatrice. Allora, la grossa rana, stizzita, cominciò a fare dei poderosi salti contro un albero, facendovi picchiare violentemente la testa della temporaria, finché questa, stordita, depose le armi e si fece inghiottire senz'altra resistenza. In schiavitù, la rana impara presto a conoscere il suo custode e, come la raganella, distingue subito il piatto delle larve. Dopo qualche tempo manifesta un certo affetto per il padrone e prende anche il cibo dalle sue mani. In paragone alla sua mole, questa rana è un ardito rapace: mangia solo la preda da lei uccisa. Dal suo posto di riposo osserva tutto quello che si muove davanti ad essa, come se stesse in agguato; se una preda le si avvicina, le balza sopra senza indugio. Il suo cibo principale e questa sua predilezione la rendono assai utile per le colture. Sembra, secondo quanto dice Rösel, che le vecchie rane possano ingoiare anche piccoli topi e uccelletti; esse danno la caccia ai pulcini, ma, non essendo in grado di inghiottirli, si limitano a farli annegare. Anche i piccoli della stessa specie corrono il rischio di finire fra le loro fauci; particolarmente pericolosa è la Rana negli stagni dove si pratica la pescicoltura per la caccia assidua che dà agli avannotti. La Rana Esculenta sente il desiderio della riproduzione assai più tardi della raganella e della rana temporaria (solo verso la fine di maggio o a giugno). L'accoppiamento ha luogo come per le altre rane, ma dura più a lungo: la femmina è talmente spossata dall'emissione delle uova che spesso ne muore. Le uova sono di un giallo chiaro, più scure su un lato; nel passaggio attraverso l'ovidutto si avvolgono in una materia gelatinosa, cadono sul fondo dello specchio d'acqua e lì rimangono. Sono un poco più piccole di quelle della rana temporaria e della raganella, ma sono assai più numerose: se la temperatura è favorevole, si sviluppa un numero stragrande di girini. Il quarto giorno già si muove l'embrione, alla fine del quinto o del sesto si può vedere il girino, lungo solo due millimetri, muoversi lentamente e poi nuotare. Con una lente d'ingrandimento si possono discernere gli occhi e la bocca e, ad ogni lato della testa, appendici cutanee pieghettate da cui si formano poi le branchie. Da quel momento il girino cresce con grande rapidità: la testa diventa più grossa, il corpo più arrotondato, la coda più lunga e la pelle più trasparente. Al tredicesimo o al quattordicesimo giorno i polmoni sono formati, le branchie si ritraggono e al loro posto appare una fossetta branchiale. Il progresso di questo sviluppo esige un mese: il girino ha allora la lunghezza di 65 millimetri, le zampe sono perfettamente sviluppate, ma la coda è ancora più lunga del corpo, lateralmente compressa e molto alta. Da questo momento essa comincia a scomparire a poco a poco senza che, contemporaneamente, si verifichi un proporzionale aumento del corpo; al contrario sembra che la rana, una volta compiute le metamorfosi, sia più piccola del girino. Per la metamorfosi completa occorrono quattro mesi, ma solo nel quinto anno di vita la rana ha raggiunto la mole consueta, pur seguitando a crescere fino all'ultimo istante di vita. Solo alcune rane muoiono di morte naturale, il maggior numero finisce sotto il becco di qualche rapace; anche per loro la tenacità di vita è straordinaria e permette loro di rimanere in vita anche dopo essere state gelate, in periodi di freddo, o disseccate, in periodi di siccità. Le ferite gravissime guariscono presto e le mutilazioni più orrende danno loro la morte solo dopo alcune ore. Spallanzani troncò il capo ad un maschio durante l'accoppiamento, ma le zampe anteriori non cessarono di stringere la femmina se non sette ore dopo, quando questa ebbe cessato d'emettere uova, e, troncate quelle zampe, il corpo seguitò ad agitarsi per ancora quattro ore. La rana ha nemici accaniti: la lontra, la puzzola, il ratto d'acqua, l'aquila anatraia, il biancone, la poiana, i corvi, le cicogne, l'airone, i lucci e i pesci rapaci, per non parlare di altri nemici. Malgrado tutto, la loro riproduzione sarebbe spaventevole e perciò in alcuni luoghi si estraggono dall'acqua grandi quantità di uova, impedendone così la maturazione. In tutte le parti calde dell'Europa le rane sono reputate una ghiottoneria e si dà loro una caccia accanita, specialmente in autunno, quando sono più grassocce. E' facile prenderle con l'amo, perché la loro curiosità si eccita anche alla presenza di un pezzetto di panno rosso; più difficile è prenderle con le frecce. La pesca con la rete dà buoni frutti solo in principio, perché l'animale, accorgendosi del pericolo, si sotterra sotto la melma. In Italia si mangia tutto il corpo della rana, mentre in Germania si mangiano solo le cosce.

RANA TEMPORARIA o RANOCCHIA ROSSA (Rana temporaria)

La Rana Temporaria ha la stessa mole della sua affine, la rana esculenta, ma se ne distingue tanto nettamente per il colore e per il modo di vivere che nessuno può confonderle. Superiormente è di color bruno-rosso con macchie dello stesso colore più chiare o più scure, inferiormente è di color bianco grigio nei maschi e rosso con macchie marroni e gialle nelle femmine. La Rana Temporaria si può distinguere in due specie: quella dal muso aguzzo e quella dal muso ottuso. La Rana Temporaria dal muso aguzzo (Rana oxyrhinus) ha il capo di forma conica e la mandibola superiore si prolunga sull'inferiore; notiamo una protuberanza cartilaginosa alla radice del dito esterno e delle palmature ben sviluppate. La specie dal muso ottuso (Rana platyrhinus) ha la testa larga e tondeggiante, con il muso ottuso, la protuberanza è più piccola e la membrana natatoria meno sviluppata. Mentre nelle prime l'osso frontale è stretto e fatto a volta, nelle seconde è piano e largo. La Rana Temporaria abita tutta l'Europa e una parte dell'Asia; si può trovare anche ai 2000 metri d'altezza e si cita, a prova di ciò, il caso di alcune rane che furono trovate sui laghetti del Gottardo, per quanto a volte quelle acque siano gelate anche in luglio: la sua insensibilità al freddo le permette una maggiore diffusione. E' la prima, tra gli anfibi, che si desti dal letargo invernale; essa si accoppia quando i ghiacci non sono ancora del tutto sciolti e le sue uova sono già dischiuse prima ancora che le sue affini abbiano deposto le loro. Il girino si sviluppa più rapidamente di quello delle altre rane: tutte queste prerogative le permettono di abitare in luoghi dove l'estate dura solo poche settimane, come accade nelle alture dei laghi alpini. Se il freddo sopravviene improvviso, prima che la metamorfosi sia ultimata, il girino è in grado di sopravvivere all'inverno. Nella pianura l'accoppiamento ha inizio nella prima quindicina di marzo; le uova sono tutte deposte in brevissimo tempo: a volte basta un quarto d'ora per emetterle e fecondarle tutte. Il desiderio è vivissimo nei due sessi e, a volte la femmina può anche essere vittima dell'enfasi del maschio. Le uova sono più grosse di quelle della rana esculenta ma non meno numerose: cadono sul fondo durante l'emissione, ma il loro involucro non tarda ad inzupparsi d'acqua e allora risalgono alla superficie, dove formano grossi mucchi gelatinosi. Dopo quattordici giorni cominciano a vedersi i girini, tre o quattro settimane dopo il girino esce fuori e comincia a nuotare, tornandosene, di tanto in tanto, nell'involucro gelatinoso che ha lasciato, forse per nutrirsene. Nel corso di tre mesi i girini hanno perfettamente compiuto la loro metamorfosi e sono divenuti agilissime rane che in gran numero saltano a terra. Immediatamente la Temporaria inizia la vita dei padri: a differenza delle sue affini, si allontana talvolta dall'acqua girovagando per prati e giardini, per campi e per boschi, nascondendosi durante le ore calde e facendo capolino al crepuscolo per iniziare le sue cacce. Essa insegue principalmente gli insetti, le limacce ed altri piccoli animali e ci reca un giovamento ben maggiore di quanto si possa pensare. Con piccoli salti le rane ispezionano un luogo: appena si accorgono della presenza di un insetto, si mettono in agguato, aspettano che il sospirato bottino capiti a tiro e lo invischiano con la lingua. Esse sanno ben distinguere un insetto da un altro e mangiano le api, ma sputano le vespe. In un punto la Rana Temporaria è assai inferiore alla sua affine, l'esculenta: è una pessima cantante. Solo durante il periodo dell'accoppiamento essa fa udire una specie di sordo grugnito: in paragone alla rana esculenta, essa si può considerare muta, soprattutto durante i mesi estivi, in cui attende alle sue faccende nel più assoluto silenzio. Nessun'altra rana ha tanti nemici come la Temporaria: nell'acqua o a terra viene perseguitata in tutti i periodi della sua vita e gode un po' di tregua solo quando si ritira nella melma per il letargo invernale: tutti i mammiferi e i rettili le danno la caccia e non è risparmiata nemmeno dalla sua affine, la rana esculenta, almeno nei primi anni di vita. A questo grandissimo stuolo di nemici si deve aggiungere l'uomo, che la prende e l'uccide per amore delle sue carni grassocce. Ma le migliaia di individui che perdono la vita non diminuiscono il numero di queste utili bestiole: una primavera feconda può risarcire anche dieci anni di devastazioni.

RANA MUGGENTE (Rana mugiens)

Le rane europee sono pigmee in confronto ad alcune loro affini americane ed asiatiche: nell'America del Nord vive una rana, la Rana Muggente, che raggiunge una lunghezza di 20 centimetri e una larghezza di 9; le zampe posteriori sono lunghe ben 36 centimetri. Nella parte dorsale è di color verde oliva con macchie bruno-scure e una larga striscia gialla che corre lungo la spina dorsale; nella parte ventrale è bianco-gialla e l'occhio rossiccio è circondato di giallo. Io non so dire per mia esperienza diretta se il nome di Rana Muggente sia ben meritato, ma i naturalisti d'America e i viaggiatori concordano nell'affermare che non si può paragonare il coro di uno stagno europeo con il concerto di cinquecento rane americane; essi parlano di notti insonni, di «dannati perturbatori della quiete», e si può perciò ben ammettere che il volume della voce sia in stretta relazione con la mole del corpo. La Rana Muggente è diffusa soprattutto nella zona che va da New York a New Orleans, ma sembra che in nessuna regione sia tanto comune come lo è da noi la nostra rana esculenta: forse la ragione è che non le è facile trovare alimenti sufficienti per saziare la sua voracità. Di solito la si trova nei torrenti limpidi, ombreggiati da folti cespugli; nel pomeriggio si distende sulle rive per godere il sole, rimanendo però sempre in vista dell'acqua, dove, con un potente balzo, si rifugia in caso di pericolo. La sua voce risuona più alta di qualsiasi altra voce di rana e la si ode distintamente anche a grande distanza per tutto l'anno, ma specialmente in primavera e in estate. Durante l'accoppiamento si comporta come la sua affine europea, cantando a squarciagola per notti intere. La voracità di queste rane è attestata da tutti i contadini. Esse non si accontentano di insetti e di chioccioline, che pure formano il loro cibo principale, ma si impadroniscono anche con grande facilità dei pulcini delle anatre e delle galline, e degli uccelletti; una fu uccisa mentre stava per ingoiare un serpente prigioniero. Tale voracità spesso nuoce loro, perché cadono vittime di esche; non solo gli ami servono a catturarle, ma anche le reti e le trappole e perfino una palla di fucile, visto che alcuni esemplari pesano fino a 250 grammi. Di questa rana l'uomo mangia solo le grasse cosce; la sua carne è assai apprezzata anche dai rapaci e dai pesci: alcuni dicono che non esiste esca migliore, per prendere il pescecane, che una grossa rana muggente.

CISTIGNATO OCELLATO (Cystignathus ocellatus)

Nella loro conformazione i cistignati mostrano delle differenze essenziali: il punto comune a tutti, e che serve a collegarli, è costituito dallo scarso sviluppo delle palmature. Uno dei cistignati più noti è il Cistignato Ocellato, animaletto della lunghezza di 4 centimetri, con una mole inferiore a quella della nostra rana esculenta; sul dorso presenta sette carene o rialzi cutanei di color verde oliva; sui fianchi notiamo due rialzi di color bianco-giallo. Questa bestiolina è diffusa in tutta l'America centrale e meridionale; impacciata e goffa nell'acqua, essa si muove a terra con molta rapidità e destrezza e compie salti sorprendenti in considerazione della sua piccola mole. Durante il giorno si nasconde nelle pozzanghere, nelle paludi, nelle acque stagnanti; al sopravvenire della sera o del tempo umido, essa saltella sveltamente fra le erbe. La sua voce è singolare e somiglia al fischio con cui si suole chiamare un cane; durante il periodo dell'accoppiamento, che si svolge nell'acqua, la voce cambia.

CISTIGNATO ADORNO (Cystignathus ornatus)

Il Cistignato Adorno è una specie affine alla precedente, che abita nell'America settentrionale e presenta macchie scure marginate di giallo su fondo bruno-rossiccio; inferiormente è di color bianco-argento con punteggiature grige. Nel modo di vivere rassomiglia al precedente, specialmente rispetto all'agilità e all'amore per la terraferma. Gettato a forza nell'acqua, si affretta il più possibile a ritornare a riva.

ALITI

Gli Aliti sono rane che somigliano ai rospi per il corpo tozzo e le membra corte. Essi hanno denti sulla mandibola superiore e sul palato, hanno le stesse abitudini dei rospi e sono chiamati anche «Rane-Rospi». Negli Aliti si notano anche la pelle cosparsa di bitorzoli e la grossa lingua saldamente attaccata.

ALITE OSTETRICO (Alybs obsbtricans)

L'Alite Ostetrico è il rappresentante europeo del gruppo degli aliti. E' un animaletto di circa 40 millimetri di lunghezza, di colore grigio-celeste nella parte superiore e bianco sporco al di sotto; i bitorzoli sono generalmente di colore più scuro tranne alcuni, distribuiti in una linea che scorre dall'occhio alla coscia e che sono di colore bianchiccio. L'animale è comunissimo in Francia e in Italia e si trova anche in Svizzera e sulle rive del Reno. Sua dimora sono le buche nei luoghi ombrosi, sotto vecchie radici di alberi, o semplicemente nella terra. I suoi movimenti ricordano quelli del rospo comune, essendo lenti e stentati; la sua voce è gradevole e limpida come quella di una campana di cristallo. Il nome che porta è ben giustificato già alla fine del 1700 furono fatti studi sulla riproduzione di questo animale e i risultati non mancarono di suscitare un generale stupore; in seguito, altri studi e altri esperimenti provano la verità di quanto segue. Il maschio, posato sul dorso della femmina, afferra con le due dita mediane del piede posteriore il principio del cordone gelatinoso in cui sono avvolte le uova al loro passaggio nell'ovidutto materno. Poi stende la zampetta ed è pronto ad afferrare di nuovo il cordone con l'altro piede posteriore; stende a sua volta anche l'altra zampetta e seguita questa operazione fino alla completa estrazione delle uova. Mentre è intento all'operazione dell'estrazione, il maschio pensa anche a fecondare le uova e ad avvolgersi il cordone in giri molteplici a forma di 8 intorno alle cosce. La sostanza gelatinosa che collega le uova non tarda a seccarsi, in modo che le uova stesse, collocate ad intervalli di circa un centimetro, sembrano collegate con un filo. Portando intorno alle zampe il gomitolo della prole futura, l'Alite Ostetrico si nasconde nella terra e vi passa parecchi giorni prima che le uova abbiano raggiunto un certo sviluppo: il tuorlo da giallo diventa giallo scuro e il terzo giorno già si possono distinguere la testa, il tronco e la coda dell'embrione. Verso l'undicesimo giorno lo sviluppo è giunto a tal punto che il tenero padre può scaricarsi del suo fardello; per raggiungere questo scopo, esso scende nell'acqua, si dimena energicamente e riesce così a scaricarsi dei figli. Liberatosene, sfrega le cosce contro qualche corpo ruvido per staccare i resti del cordone e se ne ritorna all'asciutto senza darsi più pensiero della prole. Non si sa quanto tempo esiga lo sviluppo del girino, ma si pensa che tutto si svolga nel tempo e nel modo consueti.

ITANNIA (Ceratophys cornuta)

Con le ceratofridi ci addentriamo fra le specie americane della famiglia che sorprendono per la loro mole, per la bellezza e la singolarità della loro forma. Hanno il corpo compresso, la testa grande e larga con le fauci grosse in proporzione: solo la mascella superiore è munita di finissimi denti. I piedi anteriori hanno quattro dita e quelli posteriori cinque e sono collegati solo alla base da una breve palmatura. Il nome deriva da due particolari rilievi sopra gli occhi che altro non sono che le palpebre allungate in una punta affilata. Una cresta di protuberanze e di suture sulla testa e sul dorso ripete esattamente una tale singolare conformazione. L'Itannia dei Brasiliani è l'animale più bello dell'ordine: è un enorme anfibio lungo anche 15 centimetri. Una larga striscia, che dal muso corre sul dorso, è giallo-arancio con disegni verdi; numerose strisce e macchie sui lati del corpo e sulle spalle sono color marrone con riflessi rossi o neri; i fianchi sono di color grigio scuro con macchie verde-nere orlate di grigio-rosato. Le zampe sono verdi con fasce trasversali verde erba, il ventre è giallo-bianco con macchie rossicce. La femmina, più grossa e più bella, è superiormente grigio-scura con la fascia dorsale di un meraviglioso verde splendente; l'occhio, circondato da una striscia dello stesso verde, è verde chiaro. Oltre ad alcune macchie verdi sulla nuca, notiamo una striscia bruna sottolineata di bianco che corre dall'occhio al naso. Anche le zampe sono traversate da fasce verdi e rossicce. L'Itannia è diffusa in tutto il Brasile e, secondo alcuni naturalisti, anche nelle Guiane. Essa dimora nelle umide e impenetrabili foreste vergini, saltella nelle pozzanghere, ma qualche volta si può incontrare anche nelle asciutte foreste di Catinga. L'Itannia adulta ha fauci così grandi da poter inghiottire senza difficoltà anche un piccolo pollo. Mangia in grande quantità rane, sorci, lumache ed altri piccoli animali e spesso, nel silenzio della sera, si ode gracidare la sua voce acuta e monotona. Questo bellissimo animale desta un senso di ripugnanza nei brasiliani, come da noi il rospo, mentre gli indigeni delle Guiane lo amano molto e lo tengono spesso in schiavitù.

CERATROFIDE DI BOJE (Ceratophrys bojei)

Questa Ceratofride rassomiglia all'itannia, ma se ne distingue per il colore più chiaro del muso e per un ordine diverso nelle file dei bitorzoli.

MATLAMATLO (Pyxicephalus adspersus)

Il Matlamatlo vive nell'Africa meridionale, appartiene al genere dei pissicefali, così chiamati per la testa gigantesca, in proporzione del corpo. Le dita dei piedi posteriori sono piuttosto lunghe e sono palmate sino a metà. Il maschio ha una grande vescica sonora. Esso giunge da una lunghezza di 5-8 centimetri ed è spesso adorno di macchie rossicce e di strisce gialle che spiccano su di un fondo bruno-verde. Il ventre presenta macchie arancio su fondo giallo chiaro. Il Matlamatlo popola in gran numero tutte le acque dell'Africa meridionale ed orientale. La sua vita estiva ha inizio con la stagione delle piogge: quando l'acqua si essicca, esso si affonda nella melma per tutto il tempo della siccità. L'enorme quantità di rane che sbuca fuori dopo una pioggia dove prima non se ne sospettava la presenza induce quelle popolazioni a credere che esse piovano dal cielo. Livingstone racconta di essere stato accompagnato da alcuni boscimani a vedere i rifugi invernali del Matlamatlo, che spesso si trovano in cavità sotto le piane insieme ai nidi dei ragni, e di essersi meravigliato nel constatare come esso viva anche in luoghi asciutti. In ogni modo non si deve dar credito a chi dice che esso possa passare la stagione secca senza cadere in letargo.

PELOBATE FOSCO (Pelobates fuscus)

Rappresenta il genere dei pelobati: animali anch'essi simili ai rospi, ma con zampe lunghe e dita palmate. Questo animale variegato è lungo 65 millimetri: superiormente è marrone chiaro o grigio chiaro con macchie color marrone scuro, di forma e grandezza diverse, che sembrano delle isole su di una carta geografica, secondo il paragone di Schinz. L'area di diffusione di questo animale si estende in Francia, Germania, Italia e Spagna; in alcuni di questi luoghi è assai comune. Esso vive per molto tempo in acqua e si può dire che vi passi per intero la primavera; durante l'estate si aggira sui campi arenosi e passa il giorno in qualche buca, mentre di notte si dà alla caccia. Nei suoi movimenti supera in agilità i rospi, saltella destramente e nuota con vivacità; sa anche scavare con abilità un ricovero nella melma o nella sabbia. Il suo nutrimento consiste in insetti, limacce e, eventualmente, rane temporarie. Un solo punto ha in comune con i rospi: sparge un pestifero odore di aglio - in tedesco viene chiamato il Rospo dell'Aglio - tanto che gli occhi lacrimano se ci si accosta troppo. Sembra che questo odore provenga dalla parte posteriore del corpo: infatti, quando un nemico è nelle vicinanze, il Pelobate solleva il suo didietro. Si possono mangiare le cosce di questo animale, perché, una volta tagliate dal corpo, esse non hanno più alcun cattivo odore. L'accoppiamento ha inizio alla fine di marzo. Il maschio e la femmina stanno nell'acqua, ogni tanto sollevano il capo al di sopra della superficie e il maschio fa udire uno spiacevole gracidìo, simile ad un grugnito; il suono con cui risponde la femmina è ancora più sgraziato. Il maschio abbraccia la femmina per i fianchi, incurvandosi tutto con il corpo. Le uova escono in un cordone lungo circa 60 centimetri, fatto di materia gelatinosa, e il maschio le feconda di tanto in tanto; il cordone è poi avvolto ai giunchi o ad altre piante acquatiche poco distanti dalla sponda. Al principio del quarto mese i girini escono fuori dell'acqua con un moncone di coda che non tarda a scomparire: da quel momento ha inizio la stessa vita dei genitori. Con qualche cura i pelobati si possono tenere bene in schiavitù; richiedono cibo in gran quantità, dato che la loro fame e insaziabile.

ULULONE FOCATO (Bombinator igneus)

Burger, dovendo trovare un termine di paragone ad un coro di spiriti, non trova di meglio che queste parole: Al gracidar del notturno ululone Poteasi comparar quella canzone. Probabilmente egli esprime i sentimenti del volgo piuttosto che una sensazione da lui provata; l'Ululone è infatti legato all'idea dello spavento e dell'orrore senza che sussista una valida ragione. L'Ululone Focato, rappresentante degli ululoni, si distingue dai suoi affini per la membrana del timpano nascosta, la lingua sottile e circolare, saldata tutt'intorno, due piccoli gruppi di denti palatini e i piedi posteriori interamente palmati. La pelle del dorso, cosparsa di protuberanze, è di color grigio scuro o verde bruno; nella parte inferiore, su fondo grigio scuro, vediamo numerose macchie giallo-arancio che si fondono fra loro. Le protuberanze, che sono presenti anche sul ventre, sono di color bianco con il punto centrale nero. E' lungo 4 centimetri. L'Ululone è diffuso in tutta l'Europa, tanto nei fossati quanto nei vasti stagni e nelle paludi, in pianura come in montagna, fino ad un'altezza di 1600 metri. Vero anfibio acquaiolo, sta quasi tutta l'estate nelle gore, negli stagni e nei pantani; verso l'autunno sale qualche volta a terra dove saltella con agilità, aiutandosi con le lunghe zampette posteriori. Nell'acqua è solito starsene immobile con il capo fuori dell'acqua a poca distanza dalla riva, modulando il suo lamentevole canto. Al più lieve indizio di pericolo si tuffa nelle profondità per scomparire tra la melma; dopo brevissimo tempo risale per riprendere la primitiva posizione, guardando in giro con gli occhietti dorati. Si comincia a sentire la sua voce verso la sera e il canto si prolunga per tutta la notte: non si può dire che sia sgradevole, ma è senz'altro seccante per la sua monotonia. La unica nota suona, più o meno, così: kn, kn, ed è udibile solo a pochi passi: siccome, per esprimere il loro benessere, tutti i maschi gridano insieme, si ha l'impressione che il suono sia interrotto. L'Ululone si muove nell'acqua con grande facilità, per quanto non possa gareggiare con la rana esculenta; sa nascondersi perfettamente nella melma; a terra avanza con piccoli salti che si succedono rapidamente. Uno dei caratteri principali della sua indole sembra essere la sua grandissima timidezza: si immerge nelle acque limpide solo se è spinto da necessità, perché preferisce, sopra ogni altra cosa, l'acqua coperta di melma dove può nascondersi anche all'occhio più acuto. Sul terreno asciutto cerca con scaltrezza di sfuggire all'avversario e, se non può raggiungere abbastanza rapidamente l'acqua, si appiattisce al suolo, confondendosi con esso, grazie al color terra della sua pelle. Quando è irritato, assume un singolare atteggiamento, piegando il corpo ad arco in modo da mostrare il ventre e, a volte, secerne dai pori del dorso una schiuma che somiglia a quella del sapone ed è leggermente agra. Si nutre di insetti e vermiciattoli, è atto alla riproduzione solo nel terzo anno di vita; si accoppia in maggio o giugno. La tecnica è quella solita a tutti i batraci e le uova fecondate sono abbandonate sulla superficie dell'acqua. I girini compiono la loro metamorfosi rapidamente: verso la fine di settembre o al principio di ottobre le zampe sono sviluppate, spariscono la coda e le branchie. L'Ululone sopporta la schiavitù solo per pochissimo tempo e con le cure più assidue, forse perché non si è in grado di apprestargli cibo sufficiente. Se ogni giorno si empie di melma fresca il suo recipiente, si riesce a mantenerlo più a lungo in vita, ma quasi mai esso riesce a passare l'inverno.

Ululone focato

Ululone focato

Ululone dal ventre giallo

Ululone dal ventre giallo

ROSPI

Sin dai tempi più antichi nessun animale soffrì tanto le conseguenze dell'avversione umana quanto il Rospo e nessuno più di esso fu ingiustamente e accanitamente accusato. Dice di esso Gessner: «Questo animale è una bestia bruttissima, umida, del tutto avvelenata, spaventevolmente dannosa. Se viene stuzzicata, si inferocisce tanto che, orinando o alitando contro l'uomo, lo avvelena... queste bestie sono assai nocive con il loro veleno, tanto che se la loro orina tocca qualcuno, la pelle contaminata imputridisce o guarisce con grande stento. La semplice vista di questa bestia è fatale: la gente rimane pallida e sconvolta. Essi avvelenano anche le foglie che mangiano o su cui strisciano lentamente. In Bretagna esiste l'uso di mettere dei giunchi nei salotti per rinfrescare l'aria: un giorno un monaco ne portò in casa un gran fascio, lo posò sul pavimento e, dopo mangiato, ci si stese sopra per godere di un fresco riposo. Ma ecco che dalle erbe sbuca fuori un grosso rospo e si attacca alla sua bocca, afferrando il labbro superiore con le zampe anteriori e quello inferiore con le posteriori. Strappare la bestia voleva significare la morte dell'uomo, ma lasciarvela era ancora peggio della morte; i saggi diedero allora il consiglio di portare il monaco vicino al luogo dove un ragno si era insediato. Nel vedere il suo nemico, il ragno lo aggredisce con acute punture finché alla fine il rospo, trafitto, cade e muore. Capita anche, a volte, che l'uomo, bevendo, ingoi uova di rospo: bisogna allora ricorrere a energici ermetici o purganti per espellere i girini che nel frattempo sono nati». Davvero non si capisce come uomini ragionevoli abbiano potuto ammettere simili fandonie e ancora meno si capisce come, anche oggi, esistano migliaia di persone disposte a dar credito a queste scipite menzogne senza fondamento. La vita notturna del Rospo, non certo bella a paragone di quella della rana, può essere la causa dei sospetti e delle calunnie di cui fu vittima il nostro animale, sempre tanto innocente ed utile. Una cosa non si può negare: in questa avversione contro il Rospo, nel cieco furore che porta a perseguitarlo e ad ucciderlo, si accordano perfettamente la gente ignorante e la persona colta, l'europeo e l'americano, il bianco, il nero e il mezzosangue. Nessuno di coloro che con tanta sicumera sogliono snocciolare le loro cognizioni si è mai curato di esaminare il Rospo e di studiarlo con cura. Questi animali sono una prova convincente di quello che vale la nostra cultura; essi forniscono la prova di come è trattata a tutt'oggi nelle scuole la più importante di tutte le scienze! I Rospi si distinguono dai batraci per la totale mancanza di denti, per la struttura tozza, per la lunghezza quasi uguale delle zampe e per la pelle che è sempre cosparsa di abbondanti bitorzoli. Essi abitano tutte le parti del globo, scegliendo, a preferenza, le regioni calde; durante l'accoppiamento rimangono nell'acqua; sono perfetti animali notturni e di giorno abbandonano solo eccezionalmente i loro nascondigli. Nei movimenti rassomigliano alle rane e ai pelobati, pur dimostrandosi più impacciati e più tardi. Il loro cibo è formato da diversi animali a noi molesti, in particolare di vermi, di limacce, di insetti e di piccoli vertebrati. Il consumo che fanno di sostanze alimentari è notevole, e perciò anche più apprezzabile è per noi l'opera di questo disprezzato animale. L'accoppiamento dei Rospi e lo sviluppo dei piccoli sono simili a quelli delle rane; le uova sono emesse,in cordoni e fecondate poco alla volta dai maschi. Come tutti gli altri anfibi, i Rospi non possono rimanere a lungo in vita senza acqua: essi vivono a lungo senza cibo mesi, a volte, anni - ma devono poter stare in un luogo umido. E' più volte avvenuto di trovare dei rospi in cavità che non avevano un'uscita visibile e ciò ha dato origine a numerose false credenze. Allo scopo di appurare la verità in tutta la faccenda, furono fatti in Inghilterra numerosi e convincenti esperimenti. Si forò un grosso masso di granito praticandovi degli abitacoli in cui furono rinchiusi alcuni rospi, si chiusero ermeticamente i fori con un coperchio di vetro e si sotterrò il masso di calcare; dopo un primo esame, a distanza di qualche mese, i rospi nel calcare erano ancora vivi, mentre quelli imprigionati nel granito risultarono tutti morti e in stato di putrefazione. Dopo 13 mesi tutti gli animali erano morti e putrefatti. Da queste osservazioni risulta che la tenacità di vita non permette loro di rimanere per anni interi chiusi in spazi dove manchino l'aria, l'umidità e il cibo. E se si sono trovati dei rospi vivi chiusi in buchi nelle rocce, è segno che non si sono esaminate bene tutte le condizioni ambientali.

Un rospo

Un rospo

ROSPO COMUNE (Phyrne vulgaris)

Il Rospo Comune raggiunge una grandezza considerevole (è lungo circa 10 centimetri e largo più di 6) ed è ancora più tozzo delle specie affini. Tutto il corpo è coperto da grossi bitorzoli, che nella regione auricolare sono raggruppati in una grossa ghiandola. Sono di colore rosso bruno o rosso grigiastro con sfumature verdi o nere e macchie indistinte scure; la parte inferiore è grigio-chiara, con macchie grigio-scure negli esemplari di sesso femminile. Gli occhi hanno l'iride rosso-arancio. Il Rospo è presente in tutte le regioni d'Europa, escluse quelle settentrionali, in Asia centrale e in Giappone. Lo si può trovare nei boschi, nei cespugli, nelle siepi, nei campi, nei prati, nei giardini, nelle grotte, nelle mura, nei tronchi degli alberi, in una parola, dove gli si presenti un nascondiglio o dove possa con facilità prepararsene uno (all'occorrenza, sa anche scavarsi buche nel suolo dove poi ritorna regolarmente come la volpe nella sua tana). Se è possibile, sceglie luoghi freschi e ombrosi: è perciò assai comune sotto le piante dove è protetto dalle foglie. Preferisce le piante aromatiche, specialmente la salvia e la cicuta, e forse a questo è dovuta parte della sua cattiva reputazione. Vero animale notturno, sta sempre nascosto durante il giorno, a meno che il tempo non sia umido o non abbia piovuto; è impacciato nei suoi movimenti e riesce appena a fare salti della lunghezza di 30 centimetri. Goffo e pesante com'è, evita di allontanarsi dal suo circondario, ma lo esplora con grande accortezza, bonificandolo accuratamente di tutti gli insetti molesti, data la sua grande voracità che richiede una quantità considerevole d'alimenti. Una conseguenza della mancanza di agilità è che spesso precipita nelle fessure e nei crepacci dove non esiste via di uscita; per questa ragione spesso si trovano dei rospi nascosti in profonde grotte, dove si nutrono di insetti di ogni genere. Il loro cibo consiste in vermi, vespe, api, ragni ed insetti, ad eccezione delle farfalle, perché la polvere delle loro ali si attacca alla loro lingua viscida e rende difficile l'inghiottirle. Malgrado questa voracità, il Rospo rifiuta di nutrirsi di animali morti: fu messo per esperimento un rospo in un recipiente insieme ad alcune api uccise poco prima: le api rimasero ai loro posto, mentre quelle vive erano immediatamente abboccate. La tecnica con cui il Rospo si impadronisce di una vittima si può facilmente osservare, dato che anche di giorno non si lascia sfuggire l'insetto che eventualmente gli capita a tiro; esso insegue persino per brevi tratti quelli che gli sembrano più gustosi. I suoi occhi sporgenti e mobilissimi avvistano immediatamente la preda e la viscida lingua difficilmente la lascia sfuggire. Chi, con accortezza, gli abbia gettato un bruco o un vermiciattolo, può osservarlo in tutte le fasi: gli occhi cominciano subito a sfavillare, l'animale esce dal suo stato sonnacchioso e si sposta in direzione della vittima con una destrezza insospettabile; avvicinatosi ad una distanza conveniente, si ferma e fissa sulla sua vittima lo stesso sguardo del bracco che ha avvistato la selvaggina e si precipita con le fauci spalancate. L'inghiottirla e il seppellirla nello stomaco sono una cosa sola. Se, come a volte capita, la preda gli sfugge o viene solo tramortita ma non invischiata nella lingua, il Rospo desiste da ogni ulteriore ostilità, ma riprende di nuovo la caccia se la bestiola ricomincia a muoversi. Esso non sdegna di cibarsi anche di piccoli anfibi e rettili e, secondo alcuni, anche dei piccoli della propria specie, sebbene viva con i suoi simili in piena pace e non sia affatto litigioso. Per esperimento si spalmò di miele una foglia e la si pose all'entrata del nascondiglio di un rospo; i numerosi insetti che vi erano rimasti appiccicati furono subito divorati con appetito; quando un altro rospo venne a sedersi a quella mensa lautamente imbandita, i due animali non furono mai visti azzuffarsi, anche se tutti e due erano allettati da una stessa preda. Essi sanno molto bene distinguere i diversi animali con cui si trovano in rapporto e fuggono davanti a quelli che sono più potenti di loro, sanno riconoscere i vantaggi e perdono un poco della loro naturale timidezza di fronte a chi li tratta bene. Molti sono gli episodi che provano questa loro mansuetudine. Uno studioso aveva ammaestrato un rospo, che rimaneva tranquillo sul dorso della sua mano e prendeva il cibo che gli era offerto con l'altra. Una signora racconta di aver potuto ammansire un rospo a tal punto che questo si faceva toccare. Un altro studioso crede addirittura che il Rospo addomesticato possa riconoscere le persone di famiglia dagli estranei e racconta di un rospo che si era insediato in un vaso da fiori della sua casa e che si era riusciti a rendere mansueto. Il povero animale, un giorno, si spavento molto alla vista di gente sconosciuta e fuggì dal suo ricovero dove non ricomparve più per tutto l'anno. L'estate seguente, un rospo, in tutto simile al primo (forse proprio esso), si stabilì in quello stesso vaso da fiori e divenne anch'esso molto mansueto. E' da notare che, se questi animali vengono tenuti prigionieri in un recipiente, o comunque in un luogo ristretto, essi si ammansiscono più facilmente che non quando abbiano a disposizione un intero giardino in cui spaziare. Il loro mantenimento non presenta alcuna difficoltà e si cibano volentieri di tutti gli insetti che vengono loro porti, purché si muovano. A differenza degli altri batraci, il Rospo passa l'inverno in buche asciutte situate ben lontane dall'acqua; verso la fine di settembre o in ottobre, si insinua, a volte in compagnia di un altro simile, in tane che ha trovato già scavate o che si è preparato da solo, difendendosi contro il freddo con l'aiuto di una bella diga di terra alzata all'entrata del suo domicilio. Egli cade in un rigido letargo che dura fino a marzo o ad aprile. Quando torna alla luce, sembra spinto dal desiderio di riprodursi e, allo scopo, si reca subito in qualche pozzanghera vicina gracidando a tutto spiano giorno e notte. Quando ha trovato la sua compagna, l'abbraccia nel modo consueto di tutti i batraci e, forse, con maggiore energia dei suoi affini: dopo otto o dieci giorni ha inizio l'emissione delle uova che escono in due cordoni, ognuno prodotto dal relativo ovario. Il maschio feconda sempre parti isolate dei cordoni. Ogni tanto la coppia risale alla superficie per poi affondare di nuovo e seguitare l'opera; tale gioco alternato si ripete otto o dieci volte, ma, appena fuori l'ultimo frammento di cordone, il maschio lascia la femmina e ambedue si recano a terra. I due cordoni hanno lo spessore di una cannuccia di paglia, sono lunghi circa un metro e contengono parecchie centinaia di uova: durante l'emissione vengono intrecciati dai genitori stessi alle piante del fondo dell'acqua. Dopo cinque giorni le uova sono ingrossate e allungate e, verso il diciassettesimo o il diciottesimo giorno, i girini forano la pellicola e lasciano l'involto gelatinoso. Da questo punto la loro metamorfosi procede regolarmente: verso la fine di giugno le quattro zampe sono completamente sviluppate e il rospetto abbandona l'acqua, per quanto la coda non sia ancora scomparsa, e comincia a fare la stessa vita dei genitori. Essi crescono molto lentamente e non sono adatti alla riproduzione prima del quinto anno di vita. Essi vivono per molti anni (si parla di 36 anni per un individuo in cattività, che, pure, morì di morte violenta). Poco il Rospo ha da temere dai suoi nemici, timorosi dell'umore emesso dalle sue ghiandole; i soli serpenti non lo temono. La moltiplicazione è relativamente scarsa per l'incuria dei genitori, che spessissimo abbandonano le uova in acque destinate a rapida evaporazione. L'uomo, ignorante e crudele, può essere senz'altro considerato il peggiore dei suoi nemici; egli lo perseguita in modo tale che non fa onore né alla sua educazione, né alla sua intelligenza, visto che ha nel Rospo un formidabile alleato che lavora per bonificare la sua terra. Per togliere alla furia distruggitrice anche la più debole giustificazione, dirò che il Rospo non abbocca mai un animale utile, che è sciocca prevenzione che esso emetta veleno dalla sua vescica urinaria, che il suo umore viscido non sia nocivo, che di notte non si sia mai introdotto nelle stalle per succhiare il latte alle mucche. L'umore ghiandolare che esso secerne cagiona solo un po' di bruciore che non è affatto dannoso: il contadino che si vanta di averne ucciso uno non fa altro che darsi una chiara patente di imbecillità, perché si è privato di un laborioso collaboratore. Speriamo che presto tutti siano in grado di conoscere l'utilità di questo utile e bistrattato animale.

ROSPO PALUSTRE o ROSPO CALAMITA (Bufo calamita)

Il Rospo Palustre è annoverato fra i rospi variegati, il cui carattere particolare è l'assenza di palmature nei piedi posteriori. Esso è lungo circa 8 centimetri, di color bruno oliva con una striscia gialla liscia che corre lungo il dorso. Inferiormente è grigio-bianco con macchie scure sulle cosce e sui lati del ventre; i bitorzoli sono rossi, con punto bianco al centro, e gli occhi grigio-verdi. E' anche conosciuto col nome di Rospo Bruciato. Dopo la minuta descrizione del rospo comune, poco c'è da dire del Rospo Calamita cui rassomiglia sotto ogni aspetto, mostrandosi solo più vivace e più sveglio. Durante il giorno rimane nascosto nei medesimi luoghi dove è rifugiato il suo affine, spesso, anzi, coabita con lui nella stessa buca. Sul suolo si muove con maggiore agilità e sembra quasi che corra anziché saltare; i suoi balzi sono più ampi e può anche arrampicarsi. La sua dimora prediletta sono le fenditure delle vecchie mura che si aprono in senso verticale; per raggiungere questi luoghi, che spesso si trovano anche a più di un metro di altezza da terra, si aggrappa saldamente alle asperità dei muri, vi preme sopra con il ventre umido e scabroso e si arrampica con prudenza e sicurezza. Forse la pelle del ventre agisce come le ventose delle raganelle. Davanti ad un nemico il Rospo Calamita cerca di fuggire il più presto possibile, ma, se viene colto e molestato, l'angoscia gli fa raggrinzire tutta la pelle e svuotare tutte le ghiandole, rivestendosi di una schiuma bianca di sgradevole odore. Alcuni paragonano questo odore a quello della polvere bruciata, altri a quello di una vecchia pipa, altri ancora a quello dell'arsenico solforato: non vi è alcun dubbio che esso, pur non somigliando ad alcun altro, è oltremodo sgradevole e costituisce la miglior difesa dell'animale. A stagione inoltrata, il Rospo Calamita comincia a pensare all'accoppiamento: verso la fine di maggio o il principio di giugno il maschio e la femmina si inoltrano in acque poco profonde e folte di vegetazione: il maschio non smette di emettere un suono che somiglia alla sillaba krak, krak. Lo sviluppo dell'embrione ha luogo rapidamente: il quinto giorno i girini si muovono e il sesto o il settimo sbucano fuori. Dopo la settima settimana hanno le zampe posteriori già formate, un mese più tardi la coda è sparita e i giovani rospi cominciano a compiere le escursioni sulla terraferma. Sono adatti alla riproduzione nel quarto o quinto anno di vita e raggiungono, probabilmente, un'età assai avanzata. L'utilità del Rospo Calamita è pari a quella del suo affine, il rospo comune, per cui ha diritto alla stessa protezione.

ROSPO SMERALDINO o ROSPO VARIABILE

(Bufo viridis o Bufo variabilis) Alcuni naturalisti distinguono dal precedente il Rospo Smeraldino o Rospo Variabile, mentre altri lo considerano come una varietà del precedente. Su fondo bianco-grigio presenta grosse macchie verdi; la parte inferiore è uguale con macchie più piccole. Si trova in alcuni punti dell'Europa centrale e meridionale, mentre manca del tutto in molte regioni; oltre che nei Paesi abitati dal rospo comune fu anche trovato in Africa settentrionale.

AGUA (Bufo agua)

Il più noto rospo gigante è l'Agua, che supera di mole molte testuggini e può giungere ad una lunghezza di 20 centimetri e ad una grossezza di 13 centimetri. Il colore è un pallido grigio-rossastro con macchie brune o nere nella parte dorsale e grigio-rosse nella parte inferiore. I rilievi che vanno dall'occhio al naso hanno una tinta rosso-brulla; subito dopo la muta la sua pelle, con i colori freschi, è quasi piacevole, ma dopo qualche tempo i colori si scuriscono e l'animale ha un brutto aspetto sudicio. L'Agua abita l'America meridionale e le isole. Di giorno sta nascosto nel suo nascondiglio, ma quando viene la sera o c'è uno scroscio di pioggia, esso lascia il suo rifugio; il terreno, allora, sembra letteralmente coperto da questi animali. Durante l'epoca delle piogge esso penetra nell'interno delle case insieme al geco; quando è aizzato, emette un umore che è temuto dai contadini. Malgrado la sua tozza figura, il rospo gigante si muove con agilità e sveltezza; è una creatura allegra e vivace, fra le più chiassose della specie. Il suo grido è forte e acuto. Generalmente si pensa che la voracità sia in rapporto alla sua mole, ma nulla mi è noto intorno al cibo di questo anfibio, che sembra sia un grande distruttore di topi. Al principio delle piogge l'Agua si reca in acqua per l'accoppiamento e sono portato a credere che la metamorfosi dei piccoli avvenga in brevissimo tempo: gli agua sono perfettamente sviluppati alla lunghezza di due centimetri, segno evidente che i girini non hanno il tempo sufficiente per acquistare le dimensioni che dovrebbero, in rapporto alle altre specie.

ROSPO NASUTO (Rinophryne dorsalis)

Questo batrace che abita nel Messico si distingue dagli altri per la conformazione della lingua, che è saldata così da sembrare perfettamente immobile. Ha il corpo ovale e il muso appuntito a forma di becco. Le membra anteriori sono grosse e corte con quattro dita ai piedi anteriori; i piedi posteriori hanno cinque dita lunghissime collegate da larghe palmature e sono caratterizzati da un'unghia cornea che sporge in mezzo alla pianta. Il colore bruno uniforme è punteggiato sui fianchi, e sul dorso scorre una striscia longitudinale. Nulla conosco sul suo modo di vivere.

AGLOSSI

Il pipa, singolarissimo batrace del Surinam, e un suo affine africano formano la famiglia dei «Senzalingua», o Aglossi.

PIPA (Asterodactylus pipa)

Il Pipa ha il corpo quadrangolare, appiattito nella parte superiore; la testa non è distinta dal tronco e il muso termina a punta. Le esili zampe anteriori terminano con piedi muniti di lunghissime dita, la cui punta è divisa in quattro: questo ha valso all'animale l'altro suo nome di «Dita Stellate». Le zampe posteriori, assai robuste, hanno piedi con dita completamente palmate; la pelle è grinzosa, soprattutto negli animali vecchi, e assai porosa. Due filamenti si trovano d'ambo i lati della mascella superiore e una simile appendice pende dalla bocca. La bruttezza di questo animale è accresciuta dai grossi occhi sporgenti e dall'informe sottogola dei maschi. Le mandibole non hanno denti e la lingua manca interamente. Il colore, uguale per ambedue i sessi, è un bruno scuro; la femmina può arrivare anche a 20 centimetri di lunghezza. Tutti i naturalisti si occupano moltissimo della sua strana maniera di riprodursi, ma nessuno ha descritto a sufficienza i suoi costumi: alcuni dicono che abiti le paludi e si trascini stancamente sulla terraferma e mandi un odore solforoso. La riproduzione e lo sviluppo dei girini si compiono come segue: i pipa, come la maggior parte dei batraci, emettono nell'acqua il cordone di uova che, fecondate dai maschio, vengono da esso sciorinate sul dorso bernoccoluto della femmina. Forse, in conseguenza dello sfregamento cutaneo, ogni uovo si incastona in una celletta di forma esagonale, simile alle cellette degli alveari. Lì dentro il piccolo Pipa compie le sue metamorfosi e solo dopo di ciò, rotte le pareti dell'uovo, abbandona completamente la madre. Un altro naturalista dice, invece, che la femmina depone le uova emesse sulla sabbia e che il maschio, afferrato il cordone con le zampe posteriori, lo distende sul dorso della femmina. Ciò fatto, sì rigira, si adagia, ventre in su, sulla schiena della consorte e comincia a strofinare energicamente; quando tutte le uova son ben sistemate, solo allora dà inizio all'opera di fecondazione. Dopo ottantadue giorni, i girini, in numero variante fra i 60 e i 70, lasciano la madre; liberati i figli, essa si sfrega contro dei corpi ruvidi per sbarazzarsi degli ultimi avanzi di uova e di pelle morta. Non so quanto di vero ci sia in questi ragguagli.

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